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Lavorazione Storia

Per realizzare una vera ciocia occorre innanzi tutto un bravo e paziente artigiano.
A Strangolagalli questo non manca perché Felice Rossi è uno dei pochi calzolai ciociari giovani che ancora sanno realizzare le ciocie secondo l'antica tradizione che brevemente qui trovate spiegata e riassunta. Per ottenere i suoi risultati Felice si è documentato su rari testi e soprattutto seguendo i consigli di anziani del posto.

Si parte da un pezzo di cuoio grezzo largo 13 cm e poco più lungo del piede che calzerà la ciocia. Il cuoio, ammorbidito bagnandolo in acqua, viene piegato alla punta in modo da formare quella che in dialetto strangolagallese si chiama ciafrocca.
La ciaforcca era fonte di incidenti per i contadini. Era molto facile infatti sbattere con un piede sull'altro poichè la punta della ciocia di un piede inciampava sulla base della ciocia dell'altro piede. Questo fatto era chiamato 'nciafr'ccars. Per ovviare i contadini era costretti a camminare con le punte dei piedi rivolti verso l'esterno. Ancora oggi un'imprecazione dialettale suona così : ch' t' puozz 'nciafr'ccà.

Per tenere la ciocia unita ed aderente al piede essa veniva sostenuta tramite corregge che potevano essere di cuoio per chi se lo poteva permettere oppure da semplice spago per i più poveri. Oltre a tenere unita la ciocia, le corregge venivano ad involgersi attorno alla gamba fin sotto il ginocchio e nel contempo fermavano le pezze che gli uomini portavano come i moderni calzini. Le donne in genere avevano al posto delle pezze i calzettoni.
In alcune località ciociare le corregge si avvolgevano sulla gamba incrociandosi fra loro, ma a Strangolagalli la tradizione era quella di avvolgerle appaiate. In ogni caso ciocia e corregge formavano uno stivaletto che tuttavia non riparava il piede dal bagnato.
Nel nostro dialetto le corregge si chiamavano strengh'.